28 novembre 2009

Quest'ermo Colle

Dopo l'ennesima sfuriata di Berlusconi contro la magistratura, Napolitano torna a parlare auspicando uno stop alla spirale di polemiche che rovina il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario. Evidentemente lo stop alla RU486 non bastava.

Prima del discorso Napolitano ha dato udienza a una delegazione dell'Anmil, l'Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi del lavoro, in visita al Quirinale per rilasciare la tessera onoraria alla Costituzione.

La dichiarazione del presidente della Repubblica è avvenuta nella sala di rappresentanza del Colle con una procedura, sinora inedita: lo doppiava Berlusconi.

"Nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento". E anche per stavolta il taglio delle orecchie è scongiurato.

Il discorso del Presidente si chiude con un invito alla ricerca dei corretti equilibri tra politica e giustizia. Compito arduo per i giudici, che alla politica sono sempre stati sui coglioni.

8 novembre 2009

Per fare l'albero

Accetto la sfida.
Dopo che la Corte di Strasburgo ha stabilito che i crocifissi andrebbero tolti dalle pareti delle aule dei nostri edifici scolastici (a seguito del ricorso di una cittadina italiana di origini finlandesi. Chissà quali messaggi satanici vengono fuori ascoltando al contrario la suoneria Nokia tune) se ne sono sentite di tutti i colori. Inutile riassumere, ne avrete già abbastanza; ma leggete qui (è un estratto dalla parte della sentenza che riassume le posizioni della difesa, cioè del governo italiano. La sentenza al completo la potete leggere qui):

Non si tratta neppure, secondo il governo, della libertà di praticare una religione o di non praticarne nessuna: il crocifisso infatti è sì esposto nelle aule ma non viene in alcun modo chiesto agli insegnanti o agli allievi di fare il segno della croce, né di omaggiarlo in alcun modo, né tantomeno di recitare preghiere in classe.

In realtà, nota il governo, non è neppure richiesto loro di prestare alcuna attenzione al crocifisso.


Un'ammaccatura sul cofano dell'auto - che la noti solo in controluce. Un neo sotto l'ascella. L'impercettibile macchiolina sulla fronte, dolce souvenir che la diabolica accoppiata varicella & dita smaniose ti ha regalato nei primissimi anni '80 - Non grattarti le crosticine, diceva mamma; sìsì, stocazzo pensavi tu.
A questo, in pratica, hanno ridotto il crocifisso per difenderlo. Ce ne sarebbe abbastanza per chiedere la scomunica, se solo fossi cattolico (e qui giace, forse, la vera domanda: perché la Chiesa accetta senza colpo ferire un così evidente svilimento del suo simbolo più importante? Bah, ci penso e magari se ne parla un'altra volta). Ma, grazie a Dio sono ateo.

C'è poi la questione delle radici. Ed è qui che ritorno alla sfida di cui parlavo in apertura. Quelli che il crocifisso non è un simbolo religioso ma universale e il Cristianesimo è alla base della nostra cultura e attenzione che così rinneghiamo le nostre radici.
Le.
Nostre.
Radici.
Quando penso alle radici penso a qualcosa che sta in basso; poi penso 1,414; poi merda, solo tre cifre dopo la virgola; poi alla carie poi che cazzo sto pensando poi carie-->carota-->pianta-->ah, sì, certo, radice. Di nuovo qualcosa che sta in basso.
Nel caso di una civiltà - di una cultura - mi sembra naturale, parlando di radici, identificare quel basso con passato.
Dunque che dire di quei signori che Raffaello ha rappresentato nel quadro la cui immagine ho inserito a corredo del post (La Scuola di Atene, fornitami dal mio solito pusher, Wikipedia)?
Perché là in mezzo è tutta gente che ha dato parecchio, eh.

C'è Socrate (n.12 nel quadro, 469 a.C.–399 a.C.) che ha conosciuto se stesso e allora rompe le palle agli altri.

Ci sono Aristotele (n.15 nel quadro, 384 a.C. – 322 a.C.) e Platone (n.14 nel quadro, 428/427 a.C. – 348/347 a.C).
A: Senti Platone, io scendo in cantina a bere vino. Sai, devo scrivere la Fisica. Che fai? Vieni anche tu?
P: No, no. Al piano di sopra c'è una che mi aspetta. Mi ha detto: sali che uniamo i nostri corpi nell'estasi suprema che è propria dell'idillio dell'amore.
A: Che cazzata.
P: Sì, comunque penso che ci scriverò lo stesso un Dialogo.
A: Fai, fai. Tanto dei tuoi libri non rimarrà neanche la cenere.
P: Suca.
A: Tu.
P: No, tu.
A: Ciao Plato(coglio)ne.
P: Ciao Aristo(cazzo)tele.

C'è Pitagora (n.6 nel quadro, 570 a.C. - 495 a.C.) intento a trascrivere la millequattrocentoquattordicesima cifra della radice di 2.

C'è Eraclito (n.13 nel quadro, 535 a.C.– 475 a.C.), immobile e annoiato, che pensa tutto scorre ma qua dentro il tempo non passa mai.
Etc. etc.
Possiamo dubitare quanto vogliamo del loro gusto nell'abbinamento dei colori degli indumenti, ma non del loro contributo al nostro pensiero. E nemmeno della loro data di nascita, che è approssimativa, certo, ma non al punto da violare quelle due letterine la a e la C. Sono tutti nati (e morti) prima di Cristo.
E' nel pensiero greco che io vedo le nostre radici.

Non sono però cieco al punto da negare l'enorme influenza che il pensiero cristiano ha avuto nella crescita e nello sviluppo della nostra civiltà.
Crescita.
Sviluppo.
E siccome non sono di quelli che si tirano indietro, voglio continuare anch'io a utilizzare metafore tratte dall'antico e rispettabile mondo dell'agricoltura.
Ci sono le radici. E ci sono le sostanze utilizzate per far crescere e sviluppare una pianta sana e forte. Facile che ai tempi del Cristo per assolvere a questo compito si usasse il letame.

Il crocifisso nelle scuole non si tocca; rinnegarlo significherebbe rinnegare il letame della nostra civiltà
.

Ho sostituito la parola radici con letame in una delle tipiche frasi che si possono leggere e sentire dappertutto in questi giorni.
D'un tratto la metafora non suona più tanto bene, vero?

Ci sarebbe poi anche da dire cosa ne penso io. La sentenza della Corte è giusta ed equilibrata. Tra le altre cose dice:

Lo Stato è tenuto alla neutralità confessionale nel quadro dell’istruzione pubblica obbligatoria dove la presenza ai corsi è richiesta senza considerazione di religione e che deve cercare di insegnare agli allievi un pensiero critico
.

Precisione ed equilibrio. In astratto. Nel concreto, so che il crocifisso in aula non ha impedito a me, e a molti altri, di sviluppare le mie capacità critiche. So che se da domani sparissero tutti i crocifissi da tutte le pareti di tutti le aule e uffici pubblici della nazione l'Italia non sarebbe un Paese più laico di quanto non sia mentre scrivo - con una classe politica pronta a mettere in saldo, pezzo dopo pezzo, il concetto di laicità dello Stato in cambio del silenzioso avallo e dell'appoggio elettorale delle gerarchie ecclesiastiche. So che forse la soluzione più sensata sarebbe discuterne caso per caso e, laddove dovessero sorgere dei problemi, provvedere a toglierlo. Ma so anche che con il buon senso non sempre si agisce per il meglio e che da qualche parte bisognava pur cominciare. Si è scelto di partire da un territorio di periferia, marginale, come il crocifisso nella aule. Adesso bisogna giocarsi bene le carte e cercare di spiegare con pazienza, tanta pazienza, che lo si è fatto anche per i cristiani. Anche per i cattolici. Per salvaguardare anche loro.

2 novembre 2009

la freccia del tempo


Ruota attorno ad elementi domestici, la storia degli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi. Piccole rassicuranti molecole che, usualmente, la forza di coesione dell'esistenza combina a formare quella che chiamiamo quotidianità. Un lenzuolo, delle scale, la propria camera, un parco: oggetti e luoghi familiari rappresentano gli snodi di una vicenda la cui cronaca trovate nel post precedente.

Torno a scrivere di Stefano Cucchi per ripercorrere le tappe che lo hanno portato, in una settimana trascorsa tra una caserma dei Carabinieri, l'aula di un tribunale, la cella di un carcere e la stanza di un ospedale, alla morte. Lo farò partendo dalla fine, ribaltando l'ordinario fluire degli eventi; mostrando dapprima gli effetti e lasciando che siano gli effetti a far germinare i semi di cause a essi adeguate; sperando di rendere ancora più stridente,se possibile, l'incommensurabile distanza tra queste cause potenziali e la lacunosa cronaca ufficiale.

E' il primo pomeriggio del 22 Ottobre. I genitori di Stefano Cucchi sono all'obitorio e guardano il cadavere di loro figlio: ecchimosi evidenti sull'intero volto, l'arcata sopraccigliare sinistra spaventosamente rigonfia, l'occhio destro innaturalmente rientrato nell'orbita, la mandibola spezzata (ci sono anche una frattura del corpo vertebrale L3 e un'altra della vertebra coccigea).

Vi state chiedendo come ha fatto il trentunenne a ridursi così?

E' sempre il 22 Ottobre, poco dopo le 12. Un carabiniere si presenta a casa Cucchi per la notifica della richiesta di autopsia. Loro figlio è morto, circa sei ore prima. I genitori si precipitano al reparto detentivo dell'ospedale Sandro Pertini per chiedere spiegazioni sulla causa del decesso. Tutto quello che il medico di turno e il sovrintendente rispondono è che non sanno nulla perché il figlio ha "costantemente tenuto il lenzuolo sulla faccia". A questo punto i Cucchi si recano all'obitorio.

Vi state chiedendo com'è possibile che basti un lenzuolo per impedire il controllo di un detenuto? Vi state chiedendo perché un detenuto è finito all'ospedale in quelle condizioni?

Sono circa le due del 16 Ottobre. Stefano Cucchi è in Tribunale. Il giudice rinvia il suo giudizio al 13 Novembre e conferma la custodia cautelare in carcere; Stefano si arrabbia, tirando calci a una sedia (in modo apparentemente incompatibile con la presenza di vertebre fratturate). I genitori sono presenti; lo vedono in buona salute ma col volto tumefatto. Anche il giudice si è accorto delle tumefazioni e ha quindi disposto una visita all'interno del Tribunale durante la quale il giovane dichiara di avere "lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori". Dopo un rifiuto di ricovero all'ospedale Fatebenefratelli - "Ieri sono scivolato e sono caduto dalle scale" dirà al dottore che riscontrerà tre vertebre rotte in una radiografia al torace - e una notte al carcere Regina Coeli, Stefano Cucchi verrà infine ricoverato nel reparto detentivo dell'ospedale Sandro Pertini nella mattinata di Sabato 17 Ottobre senza che ai suoi genitori venga più permesso di vederlo ma rassicurandoli sul suo stato di salute, e lì rimarrà fino alle sei e venti minuti del 22 Ottobre, data del suo decesso.

Vi state chiedendo quale reato avesse commesso Stefano per non essere assegnato agli arresti domiciliari? E perché avesse il volto tumefatto?

Sono le 23.30 del 15 Ottobre. I carabinieri fermano Stefano nel parco degli Acquedotti a Roma. In compagnia di un cliente, sostengono (lui dirà che si trattava di un amico). Gli trovano addosso circa 20 grammi di sostanze stupefacenti (principalmente marijuana e poca cocaina). Dopo un primo interrogatorio, vanno a perquisire la sua camera nella casa in cui vive con i genitori. Rassicura la madre dicendole che non troveranno nulla ed in effetti è quello che accade. Anche i carabinieri tendono a minimizzare visto che si tratta di poca roba. Probabilmente si danno appuntamento per l'indomani, al Tribunale dove si celebrerà il processo per direttissima in cui si dichiarerà colpevole di possesso di stupefacenti ma per uso personale. Poi si avvia verso la caserma: su un paio di gambe salde, guardando la strada con occhi sani in un volto magro (pesa 43 chili) ma non segnato da colpi di nessun tipo.

E così siamo arrivati all'inizio. E alla fine di ogni domanda.

Fonte foto: photographale.

Apparso su BlogSicilia: Caltanissetta.

Tutti i corvi sono neri

La cronologia degli eventi potete guardarla con i vostri occhi e ascoltarla con le vostre orecchie cliccando sul simbolo play qui accanto (la ricostruzione è stata fatta da Antonello Piroso nella puntata di NdP andata in onda su La7 ieri sera).
Una delle foto, scattate dalla famiglia dopo l'autopsia e non mostrate dalle televisioni nazionali per un improvviso conato di riguardo nei confronti della nostra sensibilità potete ammirarla alla vostra sinistra. Per farla breve, Stefano Cucchi viene arrestato in condizioni di salute normali alle 23.30 del 15 Ottobre 2009 e sette giorni dopo è in un obitorio.
Oggettivamente la vicenda è poco chiara, ma una raggio di luce ci viene regalato dal Ministro della Difesa, al secolo Ignazio La Russa - già parlamentare della Repubblica Italiana, già stimato membro di Alleanza Nazionale, già indimenticata controfigura di Satana nelle scene più pericolose della sua forutunata carriera cinematografica.
Quello che è successo non sono però in grado di dirlo perché si tratta di una competenza assolutamente estranea al ministero della Difesa. Quindi non ho strumenti per accertare, ma di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione
.
Proviamo ad avventurarci nei meandri dei processi mentali del Ministro, equipaggiati di un adeguato completo per la pressurizzazione in modo da poter sopravvivere nel vuoto; frase per frase vediamo di esplicitare i pensieri che si nascondono dietro le parole.
Quello che è successo non sono però in grado di dirlo perché si tratta di una competenza assolutamente estranea al ministero della Difesa: Ma che minchia vogliono questi da me? Ma non lo sanno che il Ministro dell'Attac...ehm...Difesa, Ignazio, devi dire Difes...Ho i miei cazzi, io; con l'Afghanistan, i Talebani di merda e i nostri valorosi ragazzi che tornano in valorose casse da morto. Quasi quasi scarico il barile. Dico di andare da Maroni così me li tolgo dalle palle. Li mando a rompere i maroni a Maroni che mi sta sui maroni.Questa è bella, me la segno...non ridere Ignazio, non ridere.

Quindi non ho strumenti per accertare: ma forse è meglio che sto zitto. Poi Maroni è sempre un collega anche se è leghista. Va beh, ora dico no comment così faccio vedere che so il latino. Un momento...Cos'è questa voce? Chi parla? Ma cosa? Certo Duce: Dio, Patria, Famiglia. Va bene, ma ora scenda giù da quel balcone che è pericoloso.

ma di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione: contento Duce?

Ma anche volendo ammettere che la certezza del comportamento corretto da parte dei carabinieri che il Ministro ha sia dovuto a un'estrapolazione per induzione (la stessa che fa dire a chi ha visto solo corvi neri che tutti i corvi sono neri) vorrei ricordargli la Scuola Diaz. La caserma di Bolzaneto. Federico Aldrovandi. I più recenti corvi non neri della storia delle forze armate italiane.

A meno che la correttezza di cui parla non si riferisca al fatto che l'autopsia sul corpo di Stefano Cucchi non ha evidenziato colpi sotto la cintura.