23 maggio 2010
Le nostre mappe
Quello della crescita è un processo altamente non lineare, catalizzato dagli eventi più disparati: sconfitte o successi, soddisfazioni o delusioni, poco importa. E' difficile assegnare un senso agli eventi - se non a posteriori - e non di rado, mentre cerchiamo di trovarne uno, stendendoli al sole del nostro giudizio, il tempo passa e li rivolta. Linea dopo linea, colore dopo colore, è questo il modo in cui disegniamo la mappa in continua evoluzione che ci consente di interpretare il mondo. C'è chi la chiama maturazione, questa opera continua e minuziosa. Ma pensarla come un disegno la rende meno spaventosa e solenne. Ognuno segue il proprio.
E poi accadono cose che stravolgono le mappe di intere generazioni. Migliaia di mani che tratteggiano le stesse linee, che stendono gli stessi colori. Una visione del mondo, che apparteneva a pochi, esplode in tutta la sua magnificenza, disperdendo frammenti di verità pronti a germogliare.
Quel pomeriggio di diciotto anni fa, ero un quattordicenne intento a osservare sua madre mentre preparava dolci per il giorno successivo, quello del suo quindicesimo compleanno. La festa a venire ha l'odore di quel che sta cuocendo nel forno. Farina dappertutto, sottile e pervasiva, sul tavolo, sul pavimento, sul grembiule e sul viso e tra i capelli di mia madre. La televisione accesa, nella stanza accanto alla cucina, è il quieto rumore di fondo delle mie prese in giro al suo incanutimento, dovuto alla vecchiaia le dico, non alle tracce di farina.
Finché non arriva la sigla dell'edizione straordinaria. Una strada a poco più di 100 km da casa mia è stata sventrata. Polvere dappertutto, sottile e pervasiva, a coprire Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
In tanti, quel pomeriggio, imparammo che le nostre mappe del mondo dovevano comprendere le macerie. Ma chi sperava che quelle macerie fossero una tomba non solo per gli uomini ma anche per le loro idee si sbagliò.
Nelle nostre mappe le macerie divennero fondamenta per l'indignazione e la ribellione. Non sepolcro ma memento: qui vivono, per sempre, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
3 maggio 2010
()5
Tenetevela voi, la sensibilità. Anche la mia, chenonnnevogliopiùssapere. Voi che nella definizione essere umano prediligete la seconda parte, la identificate con quell'acquitrino mefitico che sono i sentimenti, dove vi divertite a sguazzare e grufolare che quel fango là fa bene alla pelle dell'anima.
Prendetela voi, la mia sensibilità, tanto non ingombra. Sono uno che alla notizia della morte del marito della sua vecchia prof di Italiano è scoppiato a ridere, quanto spazio credete che possa occupare nei vostri cuori così ampi e mai sazi? E ho detto cuori per venirvi incontro, per non sbattervi in faccia la cruda realtà dei fatti, che il cuore è solo una cazzo di pompa e le vostre tanto care passioni nascono e crescono e vivono e muoiono nel cervello, quell'organo freddo e inospitale fatto di materia grigia per alcuni ma per voi, per voi, di materia marrone.
Non dovete nemmeno reclamarla. Ve la cedo aggratis. E quando dico gratis significa che non mi interessa nemmeno la vostra riconoscenza, soprattutto la riconoscenza.
Adottatela voi, che io ho provato ad abbandonarla nei luoghi più impensabili. Bendata. Ed è sempre riuscita a ritrovarmi, come uno stramaledetto cane, e si è messa a guaire dietro le porte dell'imperturbabilità e a grattare gli infissi della serenità facendo capolino con quegli occhioni liquidi e malinconici del cazzo e si è fatta aprire. Ma ora basta. O me o lei. E oggi è uno di quei giorni in cui della definizione essere umano mi tengo la prima parola, quindi lei. Lei. Lei.
Abbracciatela voi, la mia sensibilità. Custoditela e coccolatela come solo voi sapete fare. Oppure umiliatela e maltrattela. Oppure esponetela come l'ennesimo trofeo, fatene l'ennesima tappa nella corsa a infinite tappe del diventare migliori. Oppure inculatela e seviziatela e segregatela. Oppure.
Io me ne sbatterò la minchia.
Lei è sensibile e vi perdonerà.
Prendetela voi, la mia sensibilità, tanto non ingombra. Sono uno che alla notizia della morte del marito della sua vecchia prof di Italiano è scoppiato a ridere, quanto spazio credete che possa occupare nei vostri cuori così ampi e mai sazi? E ho detto cuori per venirvi incontro, per non sbattervi in faccia la cruda realtà dei fatti, che il cuore è solo una cazzo di pompa e le vostre tanto care passioni nascono e crescono e vivono e muoiono nel cervello, quell'organo freddo e inospitale fatto di materia grigia per alcuni ma per voi, per voi, di materia marrone.
Non dovete nemmeno reclamarla. Ve la cedo aggratis. E quando dico gratis significa che non mi interessa nemmeno la vostra riconoscenza, soprattutto la riconoscenza.
Adottatela voi, che io ho provato ad abbandonarla nei luoghi più impensabili. Bendata. Ed è sempre riuscita a ritrovarmi, come uno stramaledetto cane, e si è messa a guaire dietro le porte dell'imperturbabilità e a grattare gli infissi della serenità facendo capolino con quegli occhioni liquidi e malinconici del cazzo e si è fatta aprire. Ma ora basta. O me o lei. E oggi è uno di quei giorni in cui della definizione essere umano mi tengo la prima parola, quindi lei. Lei. Lei.
Abbracciatela voi, la mia sensibilità. Custoditela e coccolatela come solo voi sapete fare. Oppure umiliatela e maltrattela. Oppure esponetela come l'ennesimo trofeo, fatene l'ennesima tappa nella corsa a infinite tappe del diventare migliori. Oppure inculatela e seviziatela e segregatela. Oppure.
Io me ne sbatterò la minchia.
Lei è sensibile e vi perdonerà.
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