Lunedì è il giorno più crudele, primo petalo nell'esapartita corolla di quel fiore prematuro e sleale che è la settimana lavorativa. Seduti nelle diverse aule, in attesa che arrivino i maestri, anche i bambini della scuola elementare Carlo Cattaneo ne sono consapevoli ad un qualche livello sottocutaneo; voci acute pungolano l'aria: il pareggio nel derby della sera prima o la nonna addormentatasi nel bel mezzo della Messa di mezzogiorno, ogni chiacchiera è un tentativo di innestare cellule domenicali nel grigio tessuto dei giorni feriali. Carlo G. la conosce bene quella delusione e le riserva il rispetto e l'accoglienza che si devono ad un amico di vecchia data; ma scendendo dalle scale che dalla sala insegnanti al secondo piano portano alla terza B non ha altro pensiero che quello di non perdere l'equilibrio; reggere il recipiente in plexiglas colmo d'acqua si sta rivelando più faticoso del previsto.
"C'era una volta un tiranno", esordisce, con voce strozzata dallo sforzo, Carlo, maestro elementare, dopo aver attraversato la porta dell'aula, riuscendo a zittire tutti per la prima volta dall'inizio dell'anno scolastico; poggia il contenitore sulla cattedra e non può non registrare una punta di soddisfazione nel vedere gli sguardi interrogativi dei suoi alunni. Sorride e riparte, agitando le mani aperte al loro indirizzo come a dire: va tutto bene, non preoccupatevi.
"Un tiranno molto furbo e molto sospettoso di nome Gerone. Un giorno Gerone ordinò al miglior orafo della sua città di forgiare una corona d'oro da donare alle divinità per ringraziarle della prosperità del suo regno. Consegnò quindi un chilo d'oro all'artigiano dandogli un certo tempo per completare il lavoro. Trascorso questo tempo l'orefice consegnò la corona e il tiranno, diffidente come al suo solito, la fece pesare per assicurarsi che tutto l'oro fosse stato usato.
Nonostante il peso fosse quello giusto Gerone continuava a nutrire dei dubbi: e se l'orafo avesse tenuto per sé parte dell'oro sostituendolo con un metallo meno prezioso avendo cura di creare un oggetto del peso giusto?
Per rispondere a questa domanda il re convocò un grande scienziato, Archimede1.
- Archimede! - gli disse - io credo che colui che ha fabbricato questa corona stia cercando di derubarmi. Trova un modo per provare se essa sia d'oro puro o meno, senza però rovinarla in alcun modo perchè gli dei a cui l'ho donata potrebbero adirarsi.
Lo scienziato accettò la sfida e passò giorni, e notti, alla ricerca di una soluzione. Stava quasi per arrendersi quando, entrando in una vasca per farsi un bagno, si accorse che il livello dell'acqua saliva man mano che il suo corpo si immergeva. Allora si rese conto che un qualunque oggetto immerso in un liquido ne sposta una quantità che occupa il volume del corpo stesso; e visto che sostanze diverse, a parità di peso, occupano volumi diversi intuì che bastava immergere in un recipiente pieno d'acqua prima la corona e poi un chilo d'oro puro: se il volume di acqua traboccata fosse stato diverso, avrebbe dimostrato che l'orefice aveva cercato di rubare l'oro del sovrano. Per l'eccitazione uscì dalla vasca e si mise a correre completamente nudo per le strade della città gridando Eureka, che vuol dire ho trovato.
Così Archimede riuscì a risolvere l'enigma, Gerone ebbe soddisfazione e grazie a quell'intuizione noi abbiamo avuto le mongolfiere e sappiamo come fanno i surfisti a stare a galla2. Piaciuta la storiella?"
Qualche sbadiglio e molte mani che stropicciano gli occhi sono la risposta non inattesa.
"Ok, passiamo al piano B. Qualcuno vuole immergere qualcosa nel recipiente per vedere se il livello dell'acqua si alza?"
Solo qualche minuto dopo per la classe si aggiravano quindici furie intente a rincorrersi schizzarsi acqua l'un l'altra tra le proteste, non troppo convinte per la verità, di Carlo.
Ristabilita una parvenza d'ordine, dall'ultimo banco e ancora col fiatone, Adalgisa alza il braccio e, ad un suo cenno, gli chiede:
"Maestro, da dove veniva Amirchede?"
"Archimede, Adalgisa. Si chiamava Archimede"
"Da dove veniva Archideme?"
"Da Siracusa"
"E dov'è Siracusa?"
"In Sicilia, Adalgisa"
La bimba non ha altre domande. Pronuncia a parte, era riuscito a stimolare la loro attenzione dopotutto. Lodato sia il piano B.
****
Lunedì era il giorno più crudele, prima che arrivasse il martedì. Il direttore, braccia conserte e piede destro a percuotere il marmo del pavimento al ritmo del suo nervosismo in sala insegnanti, invita Carlo a seguirlo nel suo ufficio.
Dietro la scrivania del dirigente scolastico la foto del governatore padano osserva entrambi con sguardo corrucciato.
"Allora signor G., lei mi deve delle spiegazioni?"
"Davvero?"
"Ha idea di quante famiglie hanno chiamato lamentandosi per il comportamento da lei tenuto ieri in terza B?"
"Oddio. Se si riferisce a quella storia dell'acqua in classe non immaginavo, davvero. Ma i bambini hanno apprezzato e non credo sia il caso di preoccuparsi"
"Acqua in classe? Beh, di quello ci occuperemo dopo"
"Direttore, se non si tratta di quello non capisco di cosa stiamo parlando"
"Via signor G., non faccia finta di niente. Lei ha palesemente violato
la legge Bossi-Gelmini del novembre 2008 sulla riforma federalista della Pubblica Istruzione."
"In che senso, scusi? Il bisnonno del bisnonno del mio bisnonno era padano; e lo sapete bene anche voi, altrimenti non avrei avuto questo posto di lavoro."
Il direttore gli porge un foglio di carta dattiloscritto invitandolo a leggere ad alta voce.
"Allo scopo di salvaguardare l'identità padana è severamente proibito attribuire la paternità di idee, scoperte o invenzioni di cruciale rilievo a personalità non riconducibili allo Stato Padano."
"Lei ha detto che Archimede era di Siracusa, signor G."
"Io ho detto la verità, direttore"
"Certo, la verità. Li conosco i tipi come lei, sa signor G.? Pronti a metter tutto in discussione, a relativizzare, purchè non si tratti delle proprie convinzioni. Quel resoconto di Vitruvio che lei ha raccontato a quegli innocenti è stato messo in dubbio persino da Galilei, o sbaglio?"
"Galilei pensava che il metodo del recipiente colmo d'acqua fosse troppo poco originale per un genio come Archimede; non dubitava della sua grandezza. La storia non può..."
"La storia la scrivono i vincitori" sibila a denti stretti il direttore, indicando con la mano destra la foto del governatore Bossi alle sue spalle.
"Trovi come rimediare al suo errore entro domani. Le sue lezioni di oggi sono sospese. Ora può andare."
Uscendo dall'ufficio senza salutare Carlo si maledice per non aver pensato a preparare un piano B.
****
Ed eccolo lì, davanti ai suoi bambini e al direttore appoggiato alla parete in fondo all'aula per assicurarsi di persona che la legge venga rispettata.
"Bambini, ricordate la storia di Gerone e Archimede?"
Un unisono di sì si leva dai banchi.
"Bene. E vi era piaciuta?"
Altro coro affermativo.
"Benissimo. Oggi, però, in presenza del direttore, è giusto che io sottolinei che quella storia era una favola che ho inventato per voi, per suscitare il vostro interesse. Ed è ancor più giusto che vi dica come è andata veramente."
"In realtà è stato il governatore Bossi a scoprire che un corpo immerso in un liquido ne sposta una quantità pari al suo volume, e riceve una spinta verso l'alto pari al peso del volume di liquido spostato. Stava passeggiando sulle sponde del sacro Po in una giornata afosa ed ebbe voglia di fare un tuffo per rinfrescarsi. Buttatosi in acqua ed accortosi che non affondava esclamò: - Ciùmbia! Allora è vero che gli stronzi stanno a galla -"
Qualcuno soffoca una risata; qualcuno porta le mani alla bocca, spinto da quello stupore affascinato che le piccole volgarità generano.
Il direttore esce infuriato dalla classe e, appena nel corridoio, si volta verso Carlo, lo guarda con gli occhi ridotti ad una fessura e percorre con il pollice la propria gola, da sinistra a destra.
Anche lui, evidentemente, aveva preparato un piano B.
1. Noi ci dobbiamo accontentare dei RIS di Parma, o, al più, di Grissom alla TV
2. Dell'orefice Vitruvio non dà nessuna notizia (per quel che ne so), ma pare fondato il sospetto che per lui non ci sia stato happy ending.
nota: Quando l'ho pensata, una settimana fa dopo le dichiarazioni assurde di Bossi, sembrava meglio. Prometto che dalla prossima volta la smetto con le distopie. Prometto che la prossima volta che vorrò dare dello stronzo a qualcuno sarò molto più breve. La foto del bacino del Po si trova qui.
27 luglio 2008
9 luglio 2008
SPAcciMme
Causa presenza nel post precedente di un commento proveniente per direttissima dalle strade di Napoli ho cambiato le impostazioni dei commenti inserendo la verifica parole, nel tentativo di limitare SPAM e altre cose del genere. Mi scuso per gli eventuali disagi.
A proposito. Grazie ad informatori di cui non posso rivelare l'identità, sono venuto a conoscenza del piano congiunto per risolvere la crisi dei rifiuti di Napoli e quella di Alitalia elaborato dall'efficientissimo Consiglio dei Ministri.
L'idea sarebbe quella di imbarcare le tonnellate di immondizia sugli aerei della compagnia di bandiera conducendole senza sosta da un aeroporto all'altro -così, come è giusto che sia, la monnezza potrà finalmente guardarci dall'alto in basso. I soldi delle bollette dei cittadini napoletani andranno a rimpinguare le casse dell'azienda risanandone il debito e le strade del capoluogo campano saranno di nuovo libere ad imperitura memoria del nostro premier.
E' proprio un diavolaccio, quel Tremonti lì.
nota: un ringraziamento a iltuoquantolibero che per primo ha testato il sistema di verifica, saggiandone l'amichevolezza per l'utente. L'immagine fa cacare, ma la manipolazione di jpg non è per nulla il mio forte. E poi: vi siete accorti che adesso nella barra degli indirizzi del vostro browser quando vi connettete al blog, sulla sinistra c'è un'immagine identificativa specifica e non il logo di Blogger (cioà no?dicia ca si chiama favicon)? Qualcuno riesce ad indovinare cos'è?
6 luglio 2008
il crepuscolo della maieutica
Resta un ultimo passo; che a compierlo sarà il dito indice della mia mano destra, martoriato dall'autocannibalismo con il quale sfogo le nevrosi in cui spesso indugio, è forse un segno accecante dell'antipodismo esistenziale che travolge gli argini di questo nuovo spavaldo mondo? O sono le mie stremate sinapsi, allentato il controllo sul reale, a tessere trame fragili e iridescenti tra concetti la cui siderale distanza è deflazionata dal sogno cosciente che sogna chi si costringe alla veglia? Di sicuro c'è quel passo, l'ultimo, ad aspettarmi; con il cipiglio severo e altezzoso che gli ultimi passi hanno, figlio, forse, della consapevolezza di essere testimonianze e sentinelle insieme della natura irreversibile della decisiodinamica.
Dunque, schiaccio il tasto sinistro del mouse e sullo schermo il pulsante che incornicia la parola Submit assume una tonalità più scura; passa qualche secondo e l'articolo su cui tanto, ma sempre troppo poco, ho lavorato è inviato. Non resta che apettare il giudizio derisorio dei referee, dico a voce non abbastanza bassa da non poterla udire.
Le quattro mattonelle che mi separano dal letto sono affollate di polvere e bottiglie di plastica vuote; piuttosto che schivarle, mi tuffo sul materasso, come fosse il mare di riposo dentro il quale desidero annegare al più presto; gli occhi li chiudo mentre in volo; così, per non perder tempo. L'impatto non è abbastanza violento da causare un cedimento strutturale della rete, ma il rumore è forte e di sicuro i cari e pignoli anziani coniugi del piano inferiore troveranno il modo, domani, di incontrarmi in ascensore e rimproverarmi lo scarso rispetto per il loro delicato rapporto con il sonno.
Domani è un altro giorno, afferma sorridente la Rossella O'Hara che si ostina ad essere in me nonostante le abbia più volte chiarito che non vedrò mai Via Col Vento.
Petula parecchio la mia Rossella ma in quanto a udito sono cazzi e non si accorge che qualcuno bussa energicamente alla porta: niente campanello che, tra l'altro, ha misteriosamente smesso di funzionare qualche anno fa e il padrone di casa non si degna di far riparare e io me ne frego così ho un'ottima scusa per non aprire e foraggiare la mia asocialità; niente pugno gentilmente poggiato sulla superficie di un legno ruvido e masticato dagli anni; è un insistente e pesante palmo aperto a ventaglio ad abbattersi sulla mia speranza di dormire.
Evidentemente i vicini hanno varcato la soglia oltre la quale domani indica un tempo troppo distante.
Scusate, davvero, ma il letto si è rotto e...oppure Sono desolato ma si è appena aperto un passaggio dimensionale nella mia camera e, sapete, la collisione di universi può essere un tantino assordante, oppure Lasciatemi in pace, vecchi rompicoglioni. Ho fatto bordello, e allora? Non succede quasi mai e voi subito qui a frantumare le palle. Ma quand'è che mollerete l'oscena presa dall'albero della vita, foglie avvizzite del cazzo?
Passando in rassegna le possibili reazioni ho attraversato l'intero corridoio e ho pure aperto, senza pensarci su, la porta e davanti a me trovo
Ora. Sono circa due settimane che provo a scrivere questa stronzata senza riuscire a concluderla. Chi mi trovavo davanti? Non il vicino, ovvio, sarebbe stato troppo scontato. E qui gli snodi narrativi ovvi e scontati non li vogliamo neanche nominare. Al mio cospetto avrei trovato una creatura sfuggente, qualcosa di simile al mutaforma di "Star Trek-Deep Space Nine". Anzi no. Una specie di entità liquida, con un'essenza immutabile versata in un recipiente (il corpo) in continua trasformazione. La creatura entra senza che io la inviti a farlo e si presenta dicendo di essere il Dialogo. Io sono un pò incredulo e un pò incazzato. Gli spiego che Walter è più di anno che ripete che il Dialogo non c'è più, che è morto.
Solo fumo negli occhi, dice lui. Dice che con Walter e Silvio lui non ha mai avuto nulla a che fare, neanche quando entrambi lo usavano per far credere a tutti di essere in una nuova stagione della politica, ma è vivissimo e vegeto (e si dà una strizzatina tra le gambe mentre lo dice). Che lui non può esserci dove non si ha voglia di ascoltare o dove non si hanno idee da sostenere e Silvio non ha alcuna voglia di ascoltare e Walter non ha una cazzo di idea che sia una. Che se Walter avesse avuto un'identità avrebbe dovuto incazzarsi per un mostro giuridico come il reato d'immigrazione clandestina o per le impronte digitali ai bimbi Rom; e invece lo ha fatto solo quando si è ricominciato a parlare di giudici e processi, probabilmente per paura di essere scavalcato da Tonino. E si continuava con il Dialogo a spiegarmi che l'Italia non è né di destra né di sinistra, ma solo meschina, avida di briciole e noncurante del bene collettivo, miope nei confronti del futuro e amnestica nei confronti del passato. Insomma, una di quelle tirate che, quando a farle sono altri, tra la loro prima parola e il mio primo vaffanculo non si fa in tempo a battere le ciglia. Il tutto si doveva concludere con:
Ma non sono Orwell. E neanche Terry Gilliam. Quindi:
Dunque, schiaccio il tasto sinistro del mouse e sullo schermo il pulsante che incornicia la parola Submit assume una tonalità più scura; passa qualche secondo e l'articolo su cui tanto, ma sempre troppo poco, ho lavorato è inviato. Non resta che apettare il giudizio derisorio dei referee, dico a voce non abbastanza bassa da non poterla udire.
Le quattro mattonelle che mi separano dal letto sono affollate di polvere e bottiglie di plastica vuote; piuttosto che schivarle, mi tuffo sul materasso, come fosse il mare di riposo dentro il quale desidero annegare al più presto; gli occhi li chiudo mentre in volo; così, per non perder tempo. L'impatto non è abbastanza violento da causare un cedimento strutturale della rete, ma il rumore è forte e di sicuro i cari e pignoli anziani coniugi del piano inferiore troveranno il modo, domani, di incontrarmi in ascensore e rimproverarmi lo scarso rispetto per il loro delicato rapporto con il sonno.
Domani è un altro giorno, afferma sorridente la Rossella O'Hara che si ostina ad essere in me nonostante le abbia più volte chiarito che non vedrò mai Via Col Vento.
Petula parecchio la mia Rossella ma in quanto a udito sono cazzi e non si accorge che qualcuno bussa energicamente alla porta: niente campanello che, tra l'altro, ha misteriosamente smesso di funzionare qualche anno fa e il padrone di casa non si degna di far riparare e io me ne frego così ho un'ottima scusa per non aprire e foraggiare la mia asocialità; niente pugno gentilmente poggiato sulla superficie di un legno ruvido e masticato dagli anni; è un insistente e pesante palmo aperto a ventaglio ad abbattersi sulla mia speranza di dormire.
Evidentemente i vicini hanno varcato la soglia oltre la quale domani indica un tempo troppo distante.
Scusate, davvero, ma il letto si è rotto e...oppure Sono desolato ma si è appena aperto un passaggio dimensionale nella mia camera e, sapete, la collisione di universi può essere un tantino assordante, oppure Lasciatemi in pace, vecchi rompicoglioni. Ho fatto bordello, e allora? Non succede quasi mai e voi subito qui a frantumare le palle. Ma quand'è che mollerete l'oscena presa dall'albero della vita, foglie avvizzite del cazzo?
Passando in rassegna le possibili reazioni ho attraversato l'intero corridoio e ho pure aperto, senza pensarci su, la porta e davanti a me trovo
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Ora. Sono circa due settimane che provo a scrivere questa stronzata senza riuscire a concluderla. Chi mi trovavo davanti? Non il vicino, ovvio, sarebbe stato troppo scontato. E qui gli snodi narrativi ovvi e scontati non li vogliamo neanche nominare. Al mio cospetto avrei trovato una creatura sfuggente, qualcosa di simile al mutaforma di "Star Trek-Deep Space Nine". Anzi no. Una specie di entità liquida, con un'essenza immutabile versata in un recipiente (il corpo) in continua trasformazione. La creatura entra senza che io la inviti a farlo e si presenta dicendo di essere il Dialogo. Io sono un pò incredulo e un pò incazzato. Gli spiego che Walter è più di anno che ripete che il Dialogo non c'è più, che è morto.
Solo fumo negli occhi, dice lui. Dice che con Walter e Silvio lui non ha mai avuto nulla a che fare, neanche quando entrambi lo usavano per far credere a tutti di essere in una nuova stagione della politica, ma è vivissimo e vegeto (e si dà una strizzatina tra le gambe mentre lo dice). Che lui non può esserci dove non si ha voglia di ascoltare o dove non si hanno idee da sostenere e Silvio non ha alcuna voglia di ascoltare e Walter non ha una cazzo di idea che sia una. Che se Walter avesse avuto un'identità avrebbe dovuto incazzarsi per un mostro giuridico come il reato d'immigrazione clandestina o per le impronte digitali ai bimbi Rom; e invece lo ha fatto solo quando si è ricominciato a parlare di giudici e processi, probabilmente per paura di essere scavalcato da Tonino. E si continuava con il Dialogo a spiegarmi che l'Italia non è né di destra né di sinistra, ma solo meschina, avida di briciole e noncurante del bene collettivo, miope nei confronti del futuro e amnestica nei confronti del passato. Insomma, una di quelle tirate che, quando a farle sono altri, tra la loro prima parola e il mio primo vaffanculo non si fa in tempo a battere le ciglia. Il tutto si doveva concludere con:
- un rumore di pesanti stivali che calpestano le scale del condominio.
- Il Dialogo che, con un certo allarme nella voce, mi chiede di andare in bagno
- La mia porta che viene di nuovo martellata e quando la apro scopro che a bussare è un ufficiale dell'esercito (altra grande idea di Silvio che Walter ha avversato sbadigliando e poco più) e altri ce ne sono sparsi per il condominio a suonare alle restanti porte. Mi chiarisce che stanno cercando un pericoloso terrorista che si fa chiamare Dialogo di cui non può mostrarmi foto perchè indossa una maschera dissimulante; entra a perquisire nonostante le mie richieste di un mandato (Siamo l'esercito. Il mandato non è necessario, tuona in risposta alle mie proteste). La luce accesa nel bagno lo insospettisce, entra e con sua grossa delusione -e mia sorpresa- non trova nessuno. Esce raccomandandomi di avvisare il comando nel caso avvistassi qualcuno di sospetto.
- Resto sulla soglia imminchionito, pensando a quanto è Borgesiana una realtà in cui ci si può trovare a dialogare con il Dialogo in persona
Ma non sono Orwell. E neanche Terry Gilliam. Quindi:
That's all folks.
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