29 luglio 2010

Fare la pace

Altri due soldati italiani morti in Afghanistan. Ora capisco perché ai militari sta sulle palle la pace.

I due militari sono morti per lo scoppio di un ordigno esplosivo improvvisato. Ma dal finale collaudato.

Si parla anche di due afgani morti, ma il comando italiano riporta solo il ferimento lieve di un civile. E comunque loro se lo meritavano.

Il numero di vittime italiane dal'inizio della missione sale così a 29. Nella scala del prestigio internazionale.

(Chissà quanti ne mancano al premier per ricevere la boccia di neve della Casa Bianca)

Alla notizia l'Aula del Senato ha osservato un minuto di silenzio. Rimandati ai prossimi morti i 30 secondi di imbarazzo.

Berlusconi si è detto addolorato e rattristato per la notizia. Per fortuna, in serata ci ha pensato Fini a consolarlo

Per Berlusconi è in queste circostanze drammatiche che ci si chiede se vale la pena essere lì. E poi si sceglie la domanda di riserva.

L'opposizione sceglie il silenzio nel giorno del lutto per evitare di essere strumentalizzata. Fingendo così di avere qualcosa da dire.

26 luglio 2010

Nati ai bordi di periferia


Per andare subito al dunque: The Suburbs degli Arcade Fire è un capolavoro.
No, non starò a spiegarvi perché. Non ne sarei capace, innanzi tutto. E poi, se ascoltando un album del genere non siete in grado di capirlo da soli, allora non c'è niente da fare: il mondo finirà prima del 2012 e il giorno della fine non vi servirà l'inglese (cit) visto che la colonna sonora dell'evento sarà appaltata a Gigi D'Alessio e Marco Carta e Valerio Scanu reduci da una mini gang bang con Lady Gaga in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi.

Ma so che nessuno di voi vuole far torto a Roberto Giacobbo rovinandogli il meraviglioso party in costumi Maya che sta preparando e che quindi ascolterete l'album.

Dice: "Ma esce il 2 agosto! Come hai fatto a sentirlo? Non l'avrai mica scaricato?"
Ehi, ma per chi mi avete scambiato? Certo che no. Mi è bastato leggere questo libro, ricavare un buco nero dal collasso dei peperoni, patate e cipolle di mia madre, indossare l'apposita cronotuta in esclusiva carta da rotolone Regina per assorbire l'olio, tuffarmi dentro e ritrovarmi catapultato in un negozio di dischi due settimane nel futuro; acquistare regolarmente il disco da un rivenditore stupito per il mio bizzarro abbigliamento - per non parlare dell'odore, evitare di un soffio l'arresto da parte delle forze dell'ordine chiamate dal rivenditore stesso, e rituffarmi nella peperonata per essere qui a scrivere.

Scherzi a parte, fatevi un favore e ascoltatelo. Un racconto dell'adolescenza e della voglia di fuggire dalla periferia in cui si è cresciuti (con una profondità che il nostro Ramazzotti nazionale potrebbe trovare solo cadendo in un pozzo che si fermi appena un po' prima del centro della Terra) e della necessità di tornarci. Il tutto narrato con un eclettismo e una padronanza musicale straordinaria, uniti a una poesia lucida, a tratti disperata ma con un bagliore di fiducia nel futuro che esplode nel synth-pop radiosamente anni '80 della penultima traccia e in questi versi meravigliosi che chiudono l'album:
If I could have it back, all the time that we wasted, I'd only waste it again


E un assaggio no? Ma certo, golosoni; ecco a voi "We used to wait":



Ora andate e ascoltatelo tutto, figlioli.

16 luglio 2010

no distance left to run




(premere play prima di iniziare a leggere, grazie)

- Prometti di non essere pedante!
- Lo sai che farmi promettere di non comportarmi in un certo modo è la strada più breve per condurmi proprio a quel comport...
- Uff. Lo so, lo so. Pedante rompipalle, almeno provaci.
- ... amento. Spara.
- Ok: immagina di essere un alieno sulla superficie lunare.
- Non ci sono alieni sulla superf...
- Certo che hai proprio un bel modo di provarci.
- ... icie lunare. Non ho mica detto che ci provavo. Ho detto solo "spara".
- ...
- Scusa.
- Allora! Quest'alieno che non dovrebbe esserci ma c'è, dalla superficie della luna vedrebbe la terra così piccola che gli basterebbe tenere i polpastrelli di pollice e indice a pochissimi centimetri per incorniciarla.
- Quindi un improbabile alieno lunare a cui un improbabile percorso evolutivo avrebbe donato un organo prensile inspiegabilmente antropomorfo come una mano, potrebbe stringere la terra tra due dita. Continuo a non vedere il punto.
- Casa mia, casa tua, queste decine di decine di centinaia di chilometri che adesso ci separano, per segnarli l'alieno dovrebbe avvicinare i polpastrelli fino a farli toccare. Insomma, per lui siamo praticamente incollati.
- Incollato lo sono comunque, con 'sto caldo. E poi quest'alieno mi sta sempre più sul cazzo.
- Eddai, chettipiglia?
- D'accordo, te lo dico: il problema di fondo è che siamo una specie che vive a velocità troppo basse per avvertire l'unità di spazio e tempo. O la loro fondamentale inesistenza. Non mi spingerò fino a dire che questo disaccoppiamento è la fonte di ogni infelicità, ma...
- Indovina chi non riesce a vedere il punto, adesso!
- Tutte le tecnologie che dovrebbero avvicinarci, pensaci. Non fanno altro che eludere lo spazio che ci separa rendendo impercettibile il tempo di trasferimento dell'informazione. Agiscono sulla velocità e mortificano la distanza. E invece dovremmo riverirla, la distanza. Questa telefonata, ogni telefonata, è una sorta di inganno sacrilego.
- ...
- Ci sono livelli subcellulari di coscienza che riescono a distinguere tra le increspature di un'onda portante e la differenza di pressione sul timpano generata dall'aria che esce dalla tua bocca. Tra i fotoni emessi da un pixel e quelli riflessi dalla tua pelle. E non sempre si accontentano.
- Capisco. Allora che ne dici di mettere giù e passare ai segnali di fumo? Il tuo dio della distanza sarebbe appagato da questo sacrificio?
- Ironizza, pure. Io pensavo alle lettere. Inchiostrare caratteri su un foglio bianco è un atto la cui irreversibilità manifesta costringe, inconsciamente, all'attenzione.. La necessità di una grafia chiara spinge alla cura. Il rito della scrittura smaschera l'illusione della prossimità.
- Ho paura che quella visita da uno bravo che ti consiglio da tempo non sia più rimandabile.
- Il massimo sarebbe poter recapitare di persona quanto si è scritto. Viaggiare con la lettera stessa. A piedi.
- Ed ecco che le certezze sostituiscono i timori. Perché a volte devi per forza essere così... così!
- Che intendi dire?
- Estraneo. Alieno.
- Perché così posso avvicinare pollice e indice finché i polpastrelli non si toccano e pensare che siamo noi a essere incollati.
- ...
- ...
- ...
- Buonanotte.
- Allora, ti aspetto con la lettera.
- No, vabbè. Ci sentiamo domani.
- A domani, pedante ipocrita.

23 maggio 2010

Le nostre mappe


Quello della crescita è un processo altamente non lineare, catalizzato dagli eventi più disparati: sconfitte o successi, soddisfazioni o delusioni, poco importa. E' difficile assegnare un senso agli eventi - se non a posteriori - e non di rado, mentre cerchiamo di trovarne uno, stendendoli al sole del nostro giudizio, il tempo passa e li rivolta. Linea dopo linea, colore dopo colore, è questo il modo in cui disegniamo la mappa in continua evoluzione che ci consente di interpretare il mondo. C'è chi la chiama maturazione, questa opera continua e minuziosa. Ma pensarla come un disegno la rende meno spaventosa e solenne. Ognuno segue il proprio.
E poi accadono cose che stravolgono le mappe di intere generazioni. Migliaia di mani che tratteggiano le stesse linee, che stendono gli stessi colori. Una visione del mondo, che apparteneva a pochi, esplode in tutta la sua magnificenza, disperdendo frammenti di verità pronti a germogliare.
Quel pomeriggio di diciotto anni fa, ero un quattordicenne intento a osservare sua madre mentre preparava dolci per il giorno successivo, quello del suo quindicesimo compleanno. La festa a venire ha l'odore di quel che sta cuocendo nel forno. Farina dappertutto, sottile e pervasiva, sul tavolo, sul pavimento, sul grembiule e sul viso e tra i capelli di mia madre. La televisione accesa, nella stanza accanto alla cucina, è il quieto rumore di fondo delle mie prese in giro al suo incanutimento, dovuto alla vecchiaia le dico, non alle tracce di farina.
Finché non arriva la sigla dell'edizione straordinaria. Una strada a poco più di 100 km da casa mia è stata sventrata. Polvere dappertutto, sottile e pervasiva, a coprire Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
In tanti, quel pomeriggio, imparammo che le nostre mappe del mondo dovevano comprendere le macerie. Ma chi sperava che quelle macerie fossero una tomba non solo per gli uomini ma anche per le loro idee si sbagliò.
Nelle nostre mappe le macerie divennero fondamenta per l'indignazione e la ribellione. Non sepolcro ma memento: qui vivono, per sempre, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

3 maggio 2010

()5

Tenetevela voi, la sensibilità. Anche la mia, chenonnnevogliopiùssapere. Voi che nella definizione essere umano prediligete la seconda parte, la identificate con quell'acquitrino mefitico che sono i sentimenti, dove vi divertite a sguazzare e grufolare che quel fango là fa bene alla pelle dell'anima.
Prendetela voi, la mia sensibilità, tanto non ingombra. Sono uno che alla notizia della morte del marito della sua vecchia prof di Italiano è scoppiato a ridere, quanto spazio credete che possa occupare nei vostri cuori così ampi e mai sazi? E ho detto cuori per venirvi incontro, per non sbattervi in faccia la cruda realtà dei fatti, che il cuore è solo una cazzo di pompa e le vostre tanto care passioni nascono e crescono e vivono e muoiono nel cervello, quell'organo freddo e inospitale fatto di materia grigia per alcuni ma per voi, per voi, di materia marrone.
Non dovete nemmeno reclamarla. Ve la cedo aggratis. E quando dico gratis significa che non mi interessa nemmeno la vostra riconoscenza, soprattutto la riconoscenza.
Adottatela voi, che io ho provato ad abbandonarla nei luoghi più impensabili. Bendata. Ed è sempre riuscita a ritrovarmi, come uno stramaledetto cane, e si è messa a guaire dietro le porte dell'imperturbabilità e a grattare gli infissi della serenità facendo capolino con quegli occhioni liquidi e malinconici del cazzo e si è fatta aprire. Ma ora basta. O me o lei. E oggi è uno di quei giorni in cui della definizione essere umano mi tengo la prima parola, quindi lei. Lei. Lei.
Abbracciatela voi, la mia sensibilità. Custoditela e coccolatela come solo voi sapete fare. Oppure umiliatela e maltrattela. Oppure esponetela come l'ennesimo trofeo, fatene l'ennesima tappa nella corsa a infinite tappe del diventare migliori. Oppure inculatela e seviziatela e segregatela. Oppure.
Io me ne sbatterò la minchia.
Lei è sensibile e vi perdonerà.

22 marzo 2010

Il piazzista in piazza


Ancora non si placa la polemica sul numero di partecipanti alla grande manifestazione in Piazza S. Giovanni organizzata dal PDL. E, mentre scrivo, sono ormai passate più di ventiquattro ore - ma se lo chiedete a Verdini, o a qualche altro esponente della maggioranza, potrebbe dirvi che di ore ne sono trascorse un milione.
Questo coreografico rimpallo di cifre, con Cicchitto che si scaglia contro la Questura di Roma e le sue stime (150.000 persone) mentre quest'ultima è costretta a usare un milione di confezioni di Anitra WC per ripulire i resti del Cicchitto scagliato, è abbastanza noioso, no? Certo, le foto di raffronto che circolano sono proprio impietose. Per dire: c'erano più invitati all'ultima festa di compleanno del mio carissimo amico Luigi Nonvicaco. Dal cognome si intuisce facilmente che Luigi non è un campione di socievolezza. Quello che non traspare affatto è che Luigi è il mio amichetto immaginario. E vota PDL. E' anche stato alla manifestazione, Luigi. Mi ha raccontato di essersi molto divertito, soprattutto nella parte in cui i manifestanti dovevano rispondere sì o no alle domande del Premier, del tipo:

"Volete voi che il Governo del fare riduca le tasse, i giorni di lavoro e il prezzo delle prestazioni sessuali a pagamento?"

"Volete voi che governi la sinistra con conseguente aumento delle tasse, della pressione arteriosa e l'introduzione dell'uso di cloni superdotati forniti di apposito preservativo in carta vetrata per sottoporvi ad approfondite rettoscopie?"


Non riesce proprio a spiegarsi, Luigi, come tutti abbiano saputo rispondere in modo corretto (anche se, mi ha rivelato, pare che alla seconda domanda qui sopra Formigoni abbia aspettato che rispondesse la Polverini per non sbagliare). Inoltre, non essendo stato battezzato, questa modalità di rito collettivo lo ha parecchio coinvolto e ci è rimasto un po' male che Berlusconi non abbia chiesto di rinunziare a Satana.

Ma, insomma, zero più zero meno (la riforma Gelmini per i programmi scolastici prevede che, per i numeri interi, lo zero non conti un cazzo sia quando è a destra che quando è a sinistra, eccezion fatta per chi ha conti bancari segreti in qualche paradiso fiscale, nel qual caso continueranno a valere le vecchie regole), la manifestazione è stata un successo. Cosa spinge in piazza una coalizione di governo? Avranno mica protestato contro sé stessi come succedeva nella scorsa, breve - ma chiedete a Verdini e vedrete che sarà capace di dirvi che l'ultimo governo Prodi è durato 15 anni - e tormentatissima legislatura? Ovviamente no; quelli erano fomentatori di astii e conflitti. E qui invece parliamo del partito dell'amore, quel sentimento stronzissimo e rinvigorente che ti tiene sveglio tutta la notte a scrivere cazzate (o ti fa organizzare festini a Palazzo Grazioli) ma che sempre, alla fine, vince sull'odio e sull'invidia - con grosso rammarico di Emilio Fede che sull'odio aveva puntato la sua buonuscita.
Il Popolo delle Libertà è stato convocato in piazza con motivazioni che suonano talmente nuove che in confronto dopodomani sembra ieri l'altro: i comunisti, i giudici comunisti e il diritto alla privacy e a non essere spiati dai giudici comunisti. Perché quei bastardi dei giudici, tra una telefonata a qualche chat line erotica in cui centralinisti/e leggono gemendo gli articoli della Costituzione e una per ordinare qualche bambino da asporto, hanno di nuovo intercettato il Presidente del Consiglio democraticamente e plebiscitariamente eletto dal popolo mentre consigliava a un membro dell'Agcom di far chiudere Annozero, Ballarò e Parla con me, di bruciare gli studi in cui venivano registrati e di spargere sale sulle macerie. Con amore, si intende. Ma è mai possibile che questo povero capo del governo non sia libero di comporre un numero di telefono a caso che poi risulta appartenere a un esponente, che dovrebbe essere indipendente - anche se prima lavorava per Mediaset -, di un organismo di controllo che dovrebbe essere super partes? E se un giorno il numero composto casualmente da Berlusconi dovesse essere il mio? E se fosse il vostro, miei uno (cioè il mio amico Luigi) lettori? Fate come faccio io: contattate il vostro trafficante d'organi brasiliano rigorosamente via email o via sms. Anche i manifestanti di Sabato 20 marzo sono stati contattai così. In realtà, sono stati inviati a strascico sms ed email anche a chi in Piazza San Giovanni non voleva proprio andarci. Peggio per loro, che alla privacy, evidentemente, non ci tengono.
C'è un'ultima cosa sulla quale vi inviterei a riflettere. A chiusura del comizio Berlusconi ha dichiarato che nei prossimi tre anni il suo governo sconfiggerà il cancro.
Perché un uomo che ha fatto delle leggi ad personam un feticcio erotico dovrebbe fare un proclama del genere?
Colui che secondo voi - brutti bolscevichi che a forza di usare la mano giudiziaria rimarrete ciechi - non smuove un dito se non per interessi personali, perché avrebbe detto questo?
Se fosse vero che il Cavaliere cerca di sconfiggere solo quei nemici che lo minacciano da vicinissimo, cosa lo avrebbe spinto a pronunciare quelle parole?
Rispondetevi da soli, ma fossi in voi non sarei troppo ottimista.

27 febbraio 2010

My concerns have been confirmed



On the commute
I fade from view
What now is true
I am lost

I'm not full well
But I don't need help
My concerns have been confirmed
I am lost

On mountain high
I'll say goodbye
My concerns have been confirmed
I am lost

19 febbraio 2010

()4

Ne hai quasi fatto un vanto. Di questa convinzione - che fa tanto esistenzialismo - secondo cui, a tuo avviso, la sensazione tanto agognata che tutti chiamano felicità non esiste sei persino riuscito a risultare orgoglioso nelle discussioni con quei pochi sfortunati che le tue discussioni le reggono. L'hai definita un errore prospettico della memoria per la sua caratteristica di essere molto spesso identificata solo a posteriori - e come dovrebbe giovare a misere creature condannate a vivere il presente tutto questo? L'hai definita avversaria di Dio nella finale del Wimbledon delle illusioni - sono al quinto set, quello senza tie-break e andranno avanti per un bel po'. Per non parlare di tutte le volte che l'hai pragmaticamente definita una solenne cazzata - perché, in fin dei conti, sei uno taciturno e sprecare fiato su certi argomenti davvero non ti va. E' una teoria che hai usato come scudo per evitare alcune ferite ma non ti sei fatto scrupoli di brandirla a mo' di spada per procurarne. Poi, come ogni nemico che si rispetti, la felicità ti attacca all'improvviso e non dall'esterno vanificando levate di scudi e brandimenti di spade. Un'esplosione controllata di robustezza e pacificazione, una superficie sferica in espansione che oltrepassa i limiti del tuo corpo avvolgendo te e ciò che ti circonda in una bolla di apparente immobilità - immobile un cazzo, è che finalmente il tuo è un moto solidale con quello dell'Universo. Poi c'è il problema, ampiamente sperimentato quando eri un bambino soffiatore su pellicole di acqua e sapone, che le bolle scoppiano - brani di robustezza e pacificazione ovunque, ma rimetterli insieme non si può. Poi c'è il problema, ampiamente dibattuto da profeti e poeti, che accrescere il sapere accresce il dolore, e la conoscenza della felicità non fa eccezione. Poi c'è il problema, ampiamente esemplificato dalla visione in soli due giorni della quarta serie di Dexter, della tua ingordigia - e per la felicità niente streaming su megavideo. Poi c'è il problema, ampiamente e giustamente ignorato da tutti quelli che non sono te, che per l'ennesima volta una tua teoria si è rivelata palesemente errata come un bosone che obbedisca alla statistica di Fermi-Dirac, quindi hai proprio sbagliato mestiere.
Ti viene da pensare che la felicità sia un po' una merda. Ti viene da sperare che almeno Dio sia abbastanza furbo da non esistere.

1 febbraio 2010

Ccu tri ppalli

Cacciavite alla mano, GR è stato il primo a mostrarmi come si tolgono a un pc le mutande. E' stato il primo a dare a me (e, penso, a gran parte degli altri studenti assiepati nel laboratorio di Esperimentazioni di Fisica III in un'ora in cui anche le pizzerie a domicilio si rifiutavano di accettare ordinazioni) indicazioni fondamentali per orientarsi in quella strana anatomia fatta di schede madri, circuiti integrati, ram, hard disk, ventole dissipatrici e slot.

Le slot lunghe e nere si chiamano ISA. Quelle corte e bianche PCI. Lunghe e nere, corte e bianche. Come nella vita.


Non occorreva vedere la sua faccia nascosta tra cavi e cavetti dentro il case per sapere che stava sorridendo. Lui non aveva bisogno di guardare noi per sapere che non avremmo mai più dimenticato.

Le lezioni di GR erano così: divertenti e affollate e imprevedibili. Non c'era nulla di artificioso nella sua informalità. Siamo tutti abituati a pensare che le menti brillanti abbiano qualcosa in più rispetto alle altre. Ciò che non sempre riusciamo a percepire, però, è che quelle stesse menti hanno qualcosa in meno in termini di sovrastrutture e condizionamenti. GR era una mente brillante e in quanto tale era anticonformista non per scelta ma per natura. Chiamatela libertà. Chiamatela pure come cazzo volete ma questo suo modo di essere è stato uno dei suoi più importanti insegnamenti.

Non si risparmiava mai, GR. Durante la prima lezione, seduto sulla cattedra, ci mise dinanzi al dilemma di scegliere tra un corso che si sarebbe mosso sui rigidi binari del programma istituzionale o un corso in cui ci avrebbe parlato di tutto quello che poteva, approfondendo il più possibile, titillando la nostra curiosità e lasciando al nostro personale interesse il compito di sfruculiare alcuni argomenti invece che altri. Se non avessimo optato per la seconda soluzione io non avrei avuto alcuna nozione sulla programmazione, sulle simulazioni Monte Carlo, sui sistemi di acquisizione dati e su un sacco di altra roba per molto tempo a venire.

I ricordi legati a una persona che non c'è più, portano sempre con sé un alone di malinconia e commozione; la loro immaterialità sottolinea l'assenza facendo riaffiorare il dolore del distacco. Ma l'atto del ricordare è reso possibile da modificazioni fisiche delle connessioni sinaptiche, modificazioni che guidano concretamente il modo di agire quotidiano. Se la vita non è solo un insieme di attività biologiche coerenti ma la capacità di interagire con gli altri cambiandoli e venendone cambiati (chiamatela spiritualità. Chiamatela come cazzo volete), GR non è soltanto ricordato da centinaia e centinaia di persone; mastica vistosamente chewing-gum, distribuisce cozzate, poggia i piedi sulle scrivanie, trasmette passione e conoscenza, insomma vive centinaia e centinaia di altre vite tramite noi.

P.S. GR è anche l'unico Prof che mi ha fatto ripetere un esame nella mia carriera univeristaria. Dopo gli imbarazzanti tentativi di esame orale fatti da me e gli altri due ragazzi (che da lì in poi sarebbero diventati i miei due migliori amici) con cui avevo preparato la relazione sullo scattering di Rutherford ci chiamò e ci disse:

Carusi, i cosi giusti: a relazione è fatta ccu tri ppalli... ma si vi sturiate macari a materia e poi tunnati ie' megghiu.

A leggere le stronzate che ho scritto e a sapere il tempo che ci ho impiegato si sarebbe fatto delle grasse risate e mi avrebbe colpito forte dietro la nuca dicendo:
'A sempri teorico si'
Sì, Prof. Sempre teorico. Spero un po' migliore anche grazie a te.